martedì 22 novembre 2011

Caratteristiche morfologiche


Esistono cinque specie di muggini e tutte sono insidiabili con mezzi sportivi. Ricordiamo che tutte le specie di muggini di lunghezza inferiore ai 20 centimetri sono protette dalla legge e quindi devono essere immediatamente rimesse in acqua dopo la cattura.

Cefalo Comune


Tra tutte le specie è quello più difficile da catturare. E’ un classico pesce di laguna, delle zone portuali e delle foci che raramente vive in mare aperto. E’ facilmente riconoscibile per le sue sfumature giallastre e per la sua palpebra coperta da una membrana adiposa molto sviluppata. La pesca di questa specie richiede una tecnica del tutto particolare che si avvicina molto allo spinning. Si cattura infatti usando un particolare cucchiaino rotante con ami. A questo viene applicata una grossa tremolina come esca. La sua pesca consiste nel lanciare l’esca artificiale/naturale aiutati da un galleggiante e nel recuperare lentamente. E’ sicuramente la specie che raggiunge le dimensioni più ragguardevoli.


Cefalo Dorato(o Lustrino)


E’ sicuramente il pesce più gradevole da mangiare e forse per questo motivo il più ricercato. Si differenzia da altre specie per una inconfondibile macchia dorata sull’opercolo. Si trova un po’ ovunque, ma con maggiore frequenza in mare aperto e lungo le scogliere naturali e artificiali. Si cattura con canna fissa o bolognese. La sua presenza allo stadio giovanile è sicuramente maggiore all’interno dei porti o nelle lagune dove trova riparo dai grossi predatori. Allo stato giovanile preferisce la tremarella come esca, mentre da adulto è catturabile sia con il pane che con la polpa della sarda.


Cefalo Labbrone


Sino a qualche anno fa era il classico muggine da gara. Presente ovunque nelle nostre acque consentiva carnieri abbondanti. Oggi non lo è più a causa delle misure di legge. Infatti il muggine labbrone, conosciuto anche con il nome di bocca di sole o schiumarolo (perché ama starsene in superficie con la bocca fuori dall’acqua), la cui misura minima di 20 centimetri è imposta dalla legge per tutti i muggini, si trova, di fatto, tra le specie non catturabili, in quanto difficilmente raggiunge tale stazza anche allo stato adulto. E’ pertanto una specie poco insidiata. Si cattura comunque solitamente in superficie e a mezzo fondo. Preferisce abboccare ad esche come la polpa della sarda anche se non disdegna il fiocco di pane.


Cefalo Bosega


Uno dei muggini più insidiati in quanto più facile da catturare. E’ in fatti quello che si trova ovunque, nei porti, nelle lagune, sulle scogliere e via dicendo. E’ conosciuto anche con il nome di sciorina o negrosso. La sua colorazione argentea prende spesso colorazioni più o meno scure a seconda del luogo in cui viene catturato. Raggiunge dimensioni ragguardevoli. Si cattura con canna fissa o bolognese innescando il fiocco di pane francese, la polpa di sarda, il bigattino o la pastella.


Cefalo Verzellata


Uno dei muggini meno conosciuti. Si tratta di una specie di passo che accosta solitamente nel periodo autunnale. In talune zone è conosciuto anche con il nome di caparello. E’ una specie che risale il corso dei fiumi inoltrandosi fino a decine di chilometri nelle acque dolci. Anche questo muggine ha la palpebra come il cefalo comune, ma si differenzia da questo per la testa schiacciata e la colorazione decisamente più argentea. La caratteristica di questo muggine è di adattarsi a ogni habitat. Spesso viene catturato innescando il tipo di mais destinato alle carpe. Nelle acque salmastre e dolci pure possiede maggiore attività nel periodo maggio-settembre.


Le Montature


Nella pesca al cefalo, si utilizzano montature diverse a seconda delle diverse condizioni di pesca, con alcune costanti generali che hanno valore per tutte le montature. Queste riguardano essenzialmente i monofili da impiegare e gli ami. Per i monofili va precisato che raramente vengono impiegati diametri superiori allo Ø 0.18, perché il cefalo è forse tra le prede più sospettose e diffidenti presenti in mare e per fare qualche cattura decente è indispensabile mantenersi su diametri sottili. Per gli ami, utilizzeremo esclusivamente quelli dritti, affilati chimicamente, della misura adeguata più all’ esca utilizzata che alle dimensioni delle prede. Questa scelta è necessaria perché il cefalo difficilmente ingoia l’esca ma preferisce succhiarla tra le labbra, oppure prima si striscia con il corpo sull’esca che, sfaldandosi, viene poi<> dal cefalo. Quindi gli ami storti o a punta rientrante fallirebbero il più delle volte il bersaglio che invece deve essere agganciato al labbro superiore, calloso e duro del cefalo, il più profondamente possibile. Per la caratteristica di sfregare l’esca che il cefalo ha, molte prede saranno allamate in posti diversi dal labbro, come lo percolo,l’occhio o altre parti del corpo. In questo caso l’amo si aggancia appena sotto pelle e la slamatura è facile, soprattutto se non si è accorti nel recupero.


Sulla base di queste considerazioni, vediamo le montature più adeguate alla cattura del cefalo nei porti, rimandando al prossimo appuntamento quelle per le coste rocciose.


Montatura per canna fissa


Acque chiare, senza vento:La lenza madre sarà costituita da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.16 lungo mezzo metro meno della lunghezza totale della canna. Alla lenza madre sarà infilato il galleggiante di peso variabile da 0.5 a 1.5 gr. La forma del galleggiande deve essere a fuso, oppure a goccia. La lenza madre terminerà con una piccola asola a cui legheremo poi il finale. Questo è costituito da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.10/0.12 lungo circa un metro. Piegando in due questo spezzone, cercheremo di ottenere due braccioli di misura diversa, diciamo uno di circa 30 cm. e l’altro di 60 cm. facendo in questo punto una piccola asola che infileremo nell’asola della lenza madre. Facciamo passare adesso i due braccioli nella loro asola, bagniamo con la saliva e tiriamo fino a far chiudere la seconda asola sulla prima. A questo punto possiamo legare gli ami. Essi saranno di misura variabile a seconda dell’esca impiegata. Ora è possibile equilibrare il galleggiante, utilizzando pallini spaccati da 0.12 gr. distanziati di circa 10 cm. partendo dall’asola della lenza madre. Pescando con la pasta, dovremo lasciare il galleggiante più leggero, per compensare il peso dell’esca. La taratura sarà fatta montando prima due pallini, innescare gli ami e rifinire con altri pallini, in modo che dalla superficie esca solamente l’astina superiore del galleggiante.




Acque torbide, presenza di vento medio o forte: La lenza sarà costituita da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.18 lungo mezzo metro meno della lunghezza totale della canna. Alla lenza madre sarà infilato il galleggiante di peso variabile da 1.5 a 3.0 gr. La forma del galleggiante deve essere a goccia rovesciata oppure a pera. La lenza madre terminerà con una piccola asola a cui legheremo poi il finale. Questo è costituito da uno spezzone di monofilo super dello Ø 0.14/0.16 lungo circa 60cm. Piegando in due questo spezzone, cercheremo di ottenere due braccioli di misura diversa, diciamo una di circa 15cm. e l’altro di 35cm. facendo in questo punto una piccola asola della lenza madre. Facciamo passare adesso i due bracciali nella loro asola, bagnano con la saliva e tiriamo fino a far chiudere la seconda asola sulla prima. A questo punto possiamo legare gli ami. Essi saranno di misura variabile a seconda dell’esca da usare. Ora possiamo equilibrare il galleggiante, utilizzando pallini spaccati dello 0.12gr. distanziati circa di 10 cm. partendo dall’asola della lenza madre. Pescando con la pasta, dovremo lasciare il galleggiante più leggero, per compensare il peso dell’esca. La taratura sarà fatta montando prima quattro pallini, innescare gli ami e rifinire con altri pallini, in modo che dalla superficie esca solamente l’astina superiore del galleggiante, può essere utile utilizzare un galleggiante, sempre della stessa forma di quelli già descritti, ma del tipo porta starlite, lasciando però l’astina in dotazione, di solito arancione fluorescente e quindi ben visibile.



Molo e scogliera alla “bolognese”


La pesca con la bolognese al cefalo richiede un po’ più di esperienza tecnica da parte del pescatore rispetto ad altri sistemi. Senza dubbio questo tipo di attrezzatura, o meglio questo tipo di canna, offre meno soddisfazioni rispetto ad una canna fissa, anche se, alla fine del gioco, i pesci di taglio maggiore risultano quelli pescati con la canna a mulinello. Bolognese vuol dire infatti sicurezza nel recupero, possibilità di utilizzo di terminali più sottili e chance di pesca più lontano dalla riva. A questi vantaggi, però, si affiancano la minore manovrabilità della bolognese e il suo peso maggiore rispetto ad una canna da punta. La bolognese, comunque, risulta maggiormente diffusa tra quei pescatori che amano non specificatamente al cefalo. La bolognese adatta alla pesca del muggine, infatti, varia dai 5 ai 7 metri. Anche in questo caso il carbonio fa da padrone, tanto che in commercio di bolognesi in pura fibra di vetro se ne vendono sempre meno. Per chi invece ama applicarsi esclusivamente alla pesca del muggine sarebbe opportuno avere anche una bolognese con la possibilità del vettino sdoppiato, sebbene personalmente ritenga questo fattore un ammattimento maggiore nella preparazione iniziale della canna, con in più una fragilità estrema della vetta causata dalla presenza dei microanelli.


Il mulinello da applicare alla bolognese sarà solitamente di dimensioni medio piccole, in modo tale da bilanciare perfettamente la canna una volta in pesca. Per questo ultimo attrezzo no si richiedono doti particolari se non una buona funzionalità generale, specialmente della frizione. La bobina del mulinello dovrà essere caricata con del nylon che solitamente si attesta su un diametro dello 0.14 mm: per i meno esperti si consiglia l’uso di uno 0.16; mentre per coloro che si sentono più sicuri sarà possibile usare uno 0.12. Quest’ultimo diametro di monofilo viene solitamente utilizzato quando si pesca in condizioni di estrema limpidezza dell’acqua e quando si è in presenza di muggini particolarmente sospettosi, i quali richiedono terminali super sottili e galleggianti spesso impossibili da lanciare con un monofilo in bobina di diametro piùgrosso di quello indicato. I galleggianti da bolognese sono gli stessi impiegati per la fissa, tenendo presente che l’ideale è 1.5 grammi. Il procedimento di costruzione del terminale e della piombatura è lo stesso indicato per la canna da punta. Contrariamente alla canna fissa, però, specie se peschiamo da scogliere artificiali, la profondità di pesca dovrà essere programmata in modo che le esche peschino abbastanza sollevate dal fondo. Aiutandoci sempre con la classica sonda faremo in modo che il terminale stazioni a circa 50 centimetri dagli scogli del fondale. La pesca con la canna bolognese viene solitamente effettuata dalla scogliera quando è necessario pescare lontano dalla riva o quando si insidiano i cefali a diverse profondità. Per la pesca al muggine schiumarolo o bocca di sole, il quale staziona in superficie e lontano dalla riva, si è soliti impiegare esclusivamente la canna bolognese, sostituendo la piombatura classica della torpille con una scalatura completa di pallini spaccati. Così facendo si ottiene una maggiore naturalezza dell’esca e una discesa più omogenea della lenza. Per tale specie di muggine si è soliti anche allungare i braccioli del finale, sostituendo i classici 65/95 centimetri con, ad esempio, gli 80/120 centimetri. Molti pescatori usano anche galleggianti diversi dai soliti fusolati, sostituendo questi ultimi con delle piccole palline piombate da 3/5grammi. Così facendo la piombatura è già raggruppata nel galleggiante e sulle lenza viene solo messo qualche pallino per una discesa omogenea. Utilizzando tali galleggianti sarà ancora più semplice effettuare i lanci, che saranno di maggiore gittata proprio per il peso superiore del galleggiante stesso. Se le esche e la pasturazione sono le stesse usate sia per la canna fissa che per la bolognese, il discorso brumeggio cambia leggermente se si insidiano gli schiumaroli in superficie o a mezzo fondo. Infatti, per questi cefali dovremo usare una pastura che si dissolva abbastanza facilmente una volta arrivata in acqua. A questo scopo basterà bagnare un po’ il nostro sfarinato e, aggiungendo magari della sarda tritata, getteremo in mare la pastura aiutandoci magari con un mestolo da cucina. Se lo stendere una lenza combattere con un muggine con la canna fissa possono essere definite come “manovre” piuttosto semplici, le stesse non lo sono altrettanto se usiamo la bolognese . Infatti, per stendere una lenza con la fissa basta portare la canna perpendicolare alla testa e accompagnarla verso la superficie dell’acqua; per stendere la lenza di una bolognese, invece, il discorso varia; vediamo come.


Partiamo dal fatto che solitamente con dobbiamo lanciare per raggiungere il tratto di mare da noi scelto. L’azione di lancio dovrà quindi essere coordinata tra stendere la lenza. Per capire il movimento, il monofilo del mulinello (che terremo serrato sul manico con l’indice della mano dopo aver aperto l’archetto), va lasciato nel momento esatto in cui, sia la piombatura che il galleggiante, riescono a trascinare la lenza lontano da riva. In taluni casi, quando si pesca con una piombatura molto aperta per insidiare i muggini in caduta, il lancio effettuato con una bolognese dovrà essere trattenuto prima che la lenza tocchi l’acqua. Questo movimento permette alla lenza stessa di stendersi perfettamente senza che il terminale sormonti la piombatura e si ingarbugli con questa. Il combattimento della preda con una canna bolognese è senza dubbio facilitato dalla possibilità di impiego del mulinello. In special modo allamando prende di buona taglia sarà necessario concedere filo al pesce, operazione possibile solo con l’aiuto della frizione.


La pastura


Il brumeggio o pastura che dir si voglia è un elemento fondamentale per la pesca del muggine. Sia operando nei porti che in mare aperto, come in foce o in laguna, la pesca dei muggini non avrebbe né successo senza una sapiente e preventiva pasturazione. La base della pastura dovrà sempre tenere conto di quelle che sono le abitudini dei pesci, rapportare ai luoghi dove ci recheremo a pescare e all’esca che verrà impiegata. In genere le fondamenta sono sempre a base di pane, formaggio, farina di pesce e sarde tritate. A queste vanno aggiunti altri ingredienti che aiuteranno che aiuteranno la pastura a sfaldarsi in acqua; i più comuni sono il semolino, la farina di riso, il cruschello e la farina di mais. Serviranno anche ingredienti legati come la farina bianca o il latte in polvere. Infine, la pastura da muggini dovrà contenere aromatizzanti che possono invitare il pesce ad avvicinarsi e a mangiare le esche offerte. In prevalenza viene utilizzato l’olio di sarda, il coriandolo, la vaniglia e il cumino.


Preparazione della pastura


Dopo aver bagnato il prodotto, dovremo decidere se aggiungere o meno la sarda tritata. In caso positivo sarà opportuno immettere insieme al pesce un 10% circa di sale fino, in modo da far incollare la sarda il meno possibile. A questo andrà aggiunto per gradi lo sfarinato, bagnando il tutto ripetutamente con acqua di mare. L’impasto finale risulterà colloso e sarà adatto per i porti e per quei luoghi con fondali piatti. Nella maggior parte dei casi, comunque, lo sfarinato al naturale sarà quello che ci darà maggiori soddisfazioni. Anche a questo andrà bagnato con acqua di mare. Solitamente si usano 2/3 chilogrammi di prodotto che una volta bagnato sarà sufficiente per mezza giornata di pesca.


Come gettare la pastura


La pastura non andrà mai gettata a casaccio e non si dovrà mai pescare senza una tattica ben precisa! Si parte sempre con grandi quantità e, in prima battuta, getteremo anche tre o quattro palle di prodotto (grandi come un’arancia) per poi proseguire per tutto il periodo di pesca con delle palline grosse come una noce. Si pastura sempre a ridosso della zona di pesca: ad esempio, se si pesca a una distanza dalla riva di 7 metri dovremo pasturare a 6; se si pesca a 10 metri si pasturerà a 9 e così via. In caso di forti correnti sarà invece opportuno pasturare a monte della zona si pesca e cercare di collocare l’esca dove il prodotto gettato finirà la sua corsa. Con il mare mosso, invece, la pastura andrà gettata sempre più nelle vicinanze della scogliera o del molo per evitare che la forza delle onde possa disperdere in lontananza il nostro richiamo.


Le esche


Le esche da offrire al muggine sono di diversa natura e variano soprattutto a seconda del luogo di pesca dove questa specie viene insidiata. Infatti le abitudini alimentari dei pesci, ovvero ciò che in pratica trovano in natura, e lo stesso cibo che noi dobbiamo offrirgli come esca. Nei porti è sempre bene quindi pescare con il pane o con la polpa del pesce; nelle lagune e nelle foci con la tremolina e via dicendo.


Il pane


E’ sicuramente l’esca regina per il cefalo. Si utilizza solitamente il classico pane a treccia denominato”Pane Francese”, appositamente studiato e confezionato per la pesca sportiva. La caratteristica essenziale di questo pane è che può essere conservato a lungo e impiegato con estrema facilità. Il pane Francese va messo in acqua fredda, in modo che assorba tutti i liquidi di cui necessita. Si utilizza dopo averlo strizzato in un panno asciutto, creando dei piccoli fiocchetti da mettere all’amo.


Gli impasti


Sono tra gli ultimi prodotti studiati per la pesca sportiva. Si tratta di polveri da mischiare ad acqua e da amalgamare sino ad attere un impasto colloso da mettere all’amo. Aromatizzati in maniera più o meno varia per la pesca del muggine sono adatti quelli al formaggio.


La polpa del pesce


Il muggine ama molto la polpa del pesca. Quella migliore, senza dubbio, appartiene al pesce azzurro, con la sarda in prima battuta. Anche l’alice può essere una valida alternativa, mentre il sugarello viene preferito solo in alcune specifiche zone della nostra penisola. La parte migliore del pesce è quella del dorso, più bianca e più morbida. Anche in questo caso dobbiamo creare dei fiocchetti di esca, di grandezza tale da coprire l’amo.


La tremolino


È una delle esche di maggiore successo per la pesca del muggine nelle acque salmastre delle lagune e delle foci. La migliore è quella di fango, reperibile lungo le sponde del luogo di pesca. In commercio si trova difficilmente; può comunque essere rimpiazzata a dovere da quella “Veneziana”.


Il bigattino


Anche il bigattino è un’esca abbastanza gradita dal cefalo, in special modo in quei luoghi dove il pesce è abituato a tale esca. Si innesca solitamente a fiocchetto con due o tre larve su ami di misura variabile tra il 12 e il 18.


Esche alternative


Come pr qualsiasi altra specie marina, anche per il muggine esistono esche alternative molto valide, note dalle necessità e dagli usi locali. Ad esempio, nel ravennate, il muggine si pesca con estremo successo con la polpa della cozza; nel sud specialmente in Puglia e in Sicilia, i muggini sono insidiati sia con la polpa del tonno che dell’alalunga. Un consiglio: provate a innescare i vostri ami con il formaggio per muggini più diffidenti. Ne vedrete delle belle!!!!!!!!!!.


Ore e stagioni


Il bello della pesca al muggine è che non conosce né orari né stagioni. Infatti è possibile pescarlo più o meno tutto l’anno, sia operando dai porti che nelle foci e dalle scogliere. Naturalmente la sua presenza numerica presenta degli alti e bassi ma per quanto riguarda la sua localizzazione lo possiamo definire un pesce facile da trovare. In ogni luogo di pesca il muggine si muove ad orari specifici e, soprattutto, aumenta o diminuisce l’attività in relazione alla stagione.


Come tutti i pesci del sottocosta la sua attività non si ferma mai, ma rallenta nei mesi più freddi. Le maggiori punte in termini di catture si verificano durante l’estate e l’autunno: è tuttavia di facile cattura anche in primavera. È utile sottolineare che il muggine è una specie da insidiare soprattutto durante le ore diurne, sebbene sia sempre possibile qualche bella cattura di notte. Alcune specie di muggine, quale ad esempio la verzelata, si trovano soltanto in determinati periodi (nella fattispecie in autunno) mentre il muggine che risale i fiumi viene catturato solo nel periodo maggio-settembre, allo scaldarsi delle acque. Poca importanza ha invece l’andamento della marea e delle condizioni meteomarine, anche se è dimostrato che con la marea in movimento(specialmente montante) e con il mare mosso anche i muggini risultano avere una maggiore attività. Si può insidiare la mattina presto come durante le ore calde. Anche per quanto riguarda i luoghi di pesca tutti si prestano alla presenza costante del muggine. Ad esempio le acque del porto sono un riparo sicuro del bosega, che ci vive tutto l’anno. Le limpide acque delle scogliere naturali a strapiombo sono invece l’habitat ideale del labbrone dove lo si cattura benissimo anche d’inverno. Insomma, il cefalo è un pesce che si adatta a tutti gli habitat.



Cefalo Comune


Tra tutte le specie è quello più difficile da catturare. E’ un classico pesce di laguna, delle zone portuali e delle foci che raramente vive in mare aperto. E’ facilmente riconoscibile per le sue sfumature giallastre e per la sua palpebra coperta da una membrana adiposa molto sviluppata. La pesca di questa specie richiede una tecnica del tutto particolare che si avvicina molto allo spinning. Si cattura infatti usando un particolare cucchiaino rotante con ami. A questo viene applicata una grossa tremolina come esca. La sua pesca consiste nel lanciare l’esca artificiale/naturale aiutati da un galleggiante e nel recuperare lentamente. E’ sicuramente la specie che raggiunge le dimensioni più ragguardevoli.


Cefalo Dorato(o Lustrino)


E’ sicuramente il pesce più gradevole da mangiare e forse per questo motivo il più ricercato. Si differenzia da altre specie per una inconfondibile macchia dorata sull’opercolo. Si trova un po’ ovunque, ma con maggiore frequenza in mare aperto e lungo le scogliere naturali e artificiali. Si cattura con canna fissa o bolognese. La sua presenza allo stadio giovanile è sicuramente maggiore all’interno dei porti o nelle lagune dove trova riparo dai grossi predatori. Allo stato giovanile preferisce la tremarella come esca, mentre da adulto è catturabile sia con il pane che con la polpa della sarda.


Cefalo Labbrone


Sino a qualche anno fa era il classico muggine da gara. Presente ovunque nelle nostre acque consentiva carnieri abbondanti. Oggi non lo è più a causa delle misure di legge. Infatti il muggine labbrone, conosciuto anche con il nome di bocca di sole o schiumarolo (perché ama starsene in superficie con la bocca fuori dall’acqua), la cui misura minima di 20 centimetri è imposta dalla legge per tutti i muggini, si trova, di fatto, tra le specie non catturabili, in quanto difficilmente raggiunge tale stazza anche allo stato adulto. E’ pertanto una specie poco insidiata. Si cattura comunque solitamente in superficie e a mezzo fondo. Preferisce abboccare ad esche come la polpa della sarda anche se non disdegna il fiocco di pane.


Cefalo Bosega


Uno dei muggini più insidiati in quanto più facile da catturare. E’ in fatti quello che si trova ovunque, nei porti, nelle lagune, sulle scogliere e via dicendo. E’ conosciuto anche con il nome di sciorina o negrosso. La sua colorazione argentea prende spesso colorazioni più o meno scure a seconda del luogo in cui viene catturato. Raggiunge dimensioni ragguardevoli. Si cattura con canna fissa o bolognese innescando il fiocco di pane francese, la polpa di sarda, il bigattino o la pastella.


Cefalo Verzellata


Uno dei muggini meno conosciuti. Si tratta di una specie di passo che accosta solitamente nel periodo autunnale. In talune zone è conosciuto anche con il nome di caparello. E’ una specie che risale il corso dei fiumi inoltrandosi fino a decine di chilometri nelle acque dolci. Anche questo muggine ha la palpebra come il cefalo comune, ma si differenzia da questo per la testa schiacciata e la colorazione decisamente più argentea. La caratteristica di questo muggine è di adattarsi a ogni habitat. Spesso viene catturato innescando il tipo di mais destinato alle carpe. Nelle acque salmastre e dolci pure possiede maggiore attività nel periodo maggio-settembre.

mercoledì 2 novembre 2011

LA PESCA DELL'ANGUILLA

Fatta di notte e quando il fiume è sporco, la pesca a fondo è senza dubbio la più usata e la più redditizia tra le tecniche sportive.

Essendo l’anguilla un pesce molto combattivo e molto potente, è indispensabile possedere una canna con cimino rigido e robusto. Il mulinello dovrà essere in grado d’imbobinare un nylon di grosso spessore.

Una prima montatura consiste in una lenza madre del 030 che porta la zavorra scorrevole, da cui pende un terminale dello 025 lungo 50 centimetri, armato con un amo del 7 a gambo corto.

Una seconda montatura, invece, consiste in una lenza madre dello 040, che termina con una girella a moschettone, alla quale è fissato, con un’asola, un tratto di nylon dello 035, sul quale scorre un piombo forato di 30 grammi, un tubicino di gomma paracolpi lungo 3 centimetri e termina con una girella alla qual è legato il terminale dello 030 lungo 30 centimetri armato con un amo forgiato storto del n°6.

Non è necessario lanciare in mezzo al fiume, perché il più delle volte l’anguilla si trova vicino alla riva nella ricerca di cibo. L’esca che l’anguilla preferisce è senza dubbio il verme di terra, di cui si nutre tutto l’anno e che può essere innescato su ami dal n° 4 al n°7.

Un’altra esca buona sono le interiora di pollo, non lavate, tagliate in pezzi lunghi 7 o 8 centimetri, che vengono infilati a calza su ami a gambo lungo di n° 6-8, in modo che l’ardiglione spunti a metà dell’esca. Si possono usare come esca anche pesci morti.

La ferrata deve essere decisa e di particolare importanza è il recupero, che dovrà essere fatto il più velocemente possibile, per evitare che l’anguilla s’impigli con la coda in qualche ostacolo sott’acqua e che non sia perciò più possibile salparla.

Per uccidere l’anguilla senza farla soffrire, bisogna prenderla per la testa con una mano avvolta in uno straccio e con l’altra mano colpirla energicamente con un pezzo di legno nella parte della coda, in modo da rompere il sacco linfatico.

Per vedere se l’anguilla sta abboccando, è utile avere una pila o usare i campanelli appositi reperibili nei negozi specializzati di pesca. L’impiego di sostanze fosforescenti è sconsigliabile perché, se l’acqua è limpida, l’anguilla se n’accorge e fugge.


ATTENZIONE: Il sangue dell’anguilla è tossico, quindi evitare il contatto con ferite sulla pelle.
PESCA AL PERSICO

La pesca al persico con il galleggiante:
La pesca che descriverò impiega il galleggiante e come esca il pesce vivo (sanguinarole, alborelle). Un tipo di montatura usata è composta da:

Nylon dello 0.20
Galleggiante del tipo affusolato, che offre poca resistenza all’affondamento
Girella a tre vie
Finale dello 0.15, della lunghezza di mezzo metro circa. All’altro capo porta un piombo sfaccettato luccicante, il quale ha la funzione di richiamare il persico, sfruttando la sua grande curiosità
Un bracciolo con l’esca viva, che si stacca dalla girella sopra il piombo (disegno di sinistra)
Un’altra montatura è composta da:

Filo e galleggiante come sopra
Un’olivetta
Una girella, subito dopo l’oliva
Un aggancio del terminale non più lungo di 30 centimetri
Un’ancoretta (disegno di destra)


L’azione di pesca
È importante imprimere movimenti, trazioni, saliscendi, allo scopo di sondare il fondo alla ricerca dei persici, ma anche di renderlo più adescante. Tutte queste manovre vanno usate con la massima cautela per non danneggiare l’esca. L’essenziale è presentare al pesce un’esca vivace sempre in movimento.

Quando abbocca, il persico lo fa d’impeto, attaccando l’esca in due brevissimi istanti. Prima la morde per ucciderla, e poi la ingoia per la testa. Si vedrà dapprima il galleggiante sussultare e poi inizierà a correre a pelo d’acqua, segno che il vivo ha avvistato il persico che gli sta muovendo incontro, e tenta di fuggire terrorizzato.

A questo punto, se non si verificasse l’abboccata, bisogna intervenire cercando di provocarla, cioè trascinando dolcemente l’esca, sollevandola un poco e poi rilasciandola, per indurre il predatore ad attaccarla. Finalmente si vedrà il galleggiante roteare velocemente, sobbalzare e poi scomparire sott’acqua; a questo punto, dopo circa tre, quattro secondi che il galleggiante è sott’acqua, si potrà ferrare il pesce.

La Pesca Dello Storione (A Fondo)

PESCA A FONDO DELLO STORIONE

Lo storione è un pesce molto forte e frequenta le acque più profonde. Raggiunge i 150 Kg le uova sono cosiddette caviale

A fondo con canne robustissime e mulinelli di grande portata con oltre i 150 mt di monofilo

Montatura:
consigliato lo 0,50 e girella moschettone finale del 0,45 ancoretta a 3 punte del 4 a mezzo metro dall'ancoretta piombo dai 50 -150 grammi (che si muoce tra girella e piombo fisso) fermato da piombo fisso.

Esche
Lombrico nero e rosso, molluschi d'acqua dolce pescetti del loco vivi o morti (anche piccole anguille ciprinidi).


Azione di Pesca:
L'esca sul fondo và mossa a mo di richiamo. dopo l'abboccata dare filo e poi recuperare.

Ore miogliori:
Serali e della notte.

Le carni sono ottime, c'è una misura minima ma non un periodo di divieto, molto male perchè la specie è rara, la troviamo nel Po e negli affluenti e nei fiumi del veneto orientale, tratti del tevere e dell'Arno in prossimità del mare.

La Pesca Del Black Bass

PESCA DEL BLACK BASS

Le esche per il black bass sono molteplici: grub, tube, jig, worms, spinnerbait, swim bait, cranck bait, minnow, rotanti e ondulanti.

Le misure ideali vanno dai 3-4 pollici in su. Ciò che importa in questo tipo di pesca non è tanto la lunghezza dell’esca, bensì il suo volume. Infatti quanto più è voluminosa, tanto più è adescante.

Per quanto riguarda i colori, si utilizzano esche scure con acque opache, mentre si usano quelle chiare con acque trasparenti. Tuttavia, le tonalità meno evidenti danno sempre ottimi risultati anche in situazioni di scarsa luminosità, come a diversi metri di profondità o in zone altamente intricate, con una scarsa penetrazione della luce solare.

In queste ultime condizioni, i modelli arricchiti internamente con paillettes riflettenti di colore giallo, rosso o azzurro danno una resa superiore. Questi colori emettono una maggiore rifrazione senza però eccedere nella luminosità, che potrebbe, se eccessiva, spaventare il pesce.

Ecco i possibili ricuperi:

SILICONICI:
Una delle soluzioni tecniche più funzionali per adoperare i siliconici correttamente consiste nel richiamarli in prossimità del fondo, facendogli compiere saltelli, ma mantenendo una velocità di avanzamento sempre molto ridotta. Compiere tutte queste operazioni alzando e abbassando la vetta della canna, con movimenti sempre irregolari, e mantenendo la lenza tesa per percepire all’istante anche le le toccate più esili.
Molto importante risulta la sosta sul fondale tra un richiamo e l’altro. Oppure si può trascinare l’esca sul fondo con un recupero lento, che su fondali di sabbia e limo permette di alzare nuvolette che segnalano l’esca al bass. Anche in questo caso, sono micidiali le soste: mantieni la lenza un po’ in bando, così il pesce non percepisce eccessiva resistenza e ci dà il tempo necessario per portare a segno la ferrata.
In alternativa al trascinamento, possiamo far compiere balzi in avanti all’artificiale semplicemente a piccoli strappi, sempre intervallati da pause, muovendo lateralmente la vetta della canna, ma andando dall’alto verso il basso. Se la tecnica del trascinamento sul fondo non dà buoni risultati, questa è la soluzione da provare. Il flipping viene eseguito dalla barca o dal ciambellone e consiste in una presentazione dell’esca in prossimità degli spot (massimo 4-5 metri) in acque torbide o velate.
L’azione di pesca: il lancio viene eseguito a pendolo e, una volta che l’esca è entrata, la si lascerà affondare per qualche secondo, cercando di farla pulsare con movimenti di polso. Se nella fase di caduta non si sente alcuna toccata, s’inizierà il recupero, facendo ripartire l’esca dal fondo a piccoli colpi, sino a farla arrivare sotto i nostri piedi. Importantissimo è il contatto con l’esca mediante la gestione del filo, che dovrà essere tenuto nella mano sinistra, così da avvertire anche le tocche più leggére.
A seconda dell’attività dei bass regoleremo i nostri ricuperi. Con pesci attivi, si useranno richiami più vivaci, mentre con quelli più apatici si tenderà a mantenere più tempo l’esca sul fondo, così da dare il tempo ai pesci più sospettosi di poter aspirare l’esca. In alcuni casi si cerca di far grattare il fondo all’esca così da creare delle nuvolette di fango che attirino i bass, facendogli pensare che ci siano invertebrati in cerca di cibo.

Pitching
Anche questa tecnica si esegue dalla barca o da un ciambellone. In certi casi si può adottare anche da terra. A differenza del flipping, questa tecnica si adotta in acque più chiare e profonde, e con ostacoli rari e più facili da penetrare. La distanza è maggiore dallo spot, a causa dell’acqua chiara, e va fino ai 14 metri circa.
L’azione di pesca: la tecnica di ricupero sarà la stessa adottata nel flipping, anche se la distanza maggiore chiederà al pescatore una maggiore attenzione nei saliscendi e nella fase di ricupero orizzontale. Quindi grande importanza ha la gestione del filo, per poter ferrare alla prima tocca o in caso di appesantimenti anomali.

Skipping
Consiste in una tecnica di lancio che ha lo scopo di penetrare negli ostacoli più impenetrabili facendo compiere all’esca numerosi saltelli in acqua, per non spaventare i pesci. In questo modo, l’esca risulterà maggiormente adescante, e la possibilità di riuscire a entrare nel cuore della cover ci consentirà di stuzzicare i bass più nascosti.
Funzionano molto bene le esche compatte come i tube. Se l’abboccata non avviene nei primissimi secondi, si passerà alla fase di recupero mediante flipping o pitching.


Wacky rig
È un innesco che viene fatto in caso di pesce apatico. Vengono utilizzati ami con occhiello, antialga (mosquito) o testine piombate, e l’esca viene infilzata a metà circa. Le esche più utilizzate sono i vermi dritti come i senko.
In alcuni casi vengono utilizzati dei piombi insert che hanno forma conica allungata e che devono essere inseriti all’interno dell’esca, per garantirle una discesa più naturale.
L’azione di pesca: si lanci l’esca in acqua lasciandola sprofondare e richiamandola di tanto in tanto, per far sembrare l’esca un verme che si contorce. Una volta arrivata sul fondo, effettueremo altri richiami e la lasceremo ricadere sino ad arrivare alla nostra postazione.

Drop shot o down shot
Sono montature simili che variano per l’innesco. Il primo consiste nel montare con nodo palomar un amo con offset a circa 15-45 centimetri dalla fine del filo, dove verrà applicato un piombo con clip cilindrico o a sfera a seconda del fondo.
Nel down shot invece la montatura è la stessa, ma l’amo utilizzato sarà uno normale con occhiello.
Con queste montature si può anche effettuare il wacky rig. Queste tecniche vengono utilizzate in periodi in cui i pesci sono apatici (estivo e invernale).
L’azione di pesca: viene eseguita mediante recuperi, a piccoli strappi oppure mediante recupero costante intervallato da pause più o meno lunghe.

Minnow per il bass
Coi minnow affondanti, si eseguono ricuperi lenti con accelerate improvvise di poca durata; se galleggianti, s’inframmezza anche qualche pausa, permettendo all’artificiale di risalire un po’, magari con qualche breve strappo. Top water: per questa tecnica sono previsti minnow galleggianti (prop bait, popper e grub senza piombatura). Il ricupero è lento e con strappetti. Inoltre ci sono anche i buzzbait che sono simili a spinnerbait e che richiedono un recupero costante.

Spinnerbait per il bass
Con bass molto attivi, si effettua un recupero abbastanza veloce, mentre con pesci apatici si effettua un recupero lento e con strappetti.

Ondulanti da bass
L’ondulante non ha un vero movimento proprio , deve essere animato dal pescatore. Ci sono vari modi di ricupero:

Ricupero costante con canna ferma e solo cambio di velocità col mulinello
Ricupero lento con qualche strappetto e accelerazione irregolare
Ricupero costante con richiami rapidi della canna di 90 gradi. Dopo questa operazione, si deve lasciar ricadere per qualche secondo l’artificiale, poi dare qualche colpo di manovella e ricominciare.
Il ricupero può avvenire anche alternando i vari modi: l’importante è far muovere l’ondulante in modo da incuriosire il pesce e spingerlo all’attacco.

Bass d’inverno
D’inverno i bass (anche detti persici trota o boccaloni) si rifugiano nelle profonde buche dei laghi e vengono insidiati con jig e spinnerbait fatti lavorare radenti il fondo. Come trailer, vengono utilizzate gomme aromatizzate con scent (aromi al pesce, al gambero, all’aglio, ecc.), oppure la cotenna di maiale. Questo per rendere più adescanti le nostre esche, cosicché il bass possa tenere il più a lungo possibile l’esca in bocca, permettendo a noi di sentire meglio le mangiate che in questo periodo sono molto delicate.
Il ricupero è radente il fondo e può essere lineare o a strappetti: l’importante è che vengano manovrati molto lentamente.

martedì 1 novembre 2011

Pesca Al Luccio


Il luccio è una preda ambìta anche per i pescatori professionisti. Viene insidiato con esche mobili naturali o artificiali:

Pesciolino vivo
Cucchiaini
Ondulanti
Si pesca con lenze robuste: almeno del 25-30, e spesso con finali d’acciaio che salvino il nostro monofilo dai pericolosissimi denti del luccio.


Luccetto pallinato pescato nel Mincio.
Lo spinning per la pesca al luccio
La pesca a spinning per il luccio non è semplicissima. Per comodità, dunque, dividiamo questa pesca in due modalità, a seconda del luogo in cui gettiamo l’amo:

Dalla riva
Dalla barca

Pesca al luccio dalla riva
Pescare il luccio a spinning dalla riva è un’impresa abbastanza ardua. Comporta una buona conoscenza del luogo in cui si pesca, ma soprattutto una buona familiarità con la tecnica dello spinning. Per pescare un luccio, bisogna pensare che i movimenti che facciamo fare al nostro artificiale devono attirare il pesce, incuriosirlo. Solo così lo faremo attaccare. L’azione di pesca è fondamentale. Si deve pensare al nostro artificiale come a un vero pesciolino ferito che prova a nuotare ma non ci riesce, oppure fa degli scatti, cambia direzione, sale in superficie e scende sul fondo. Bisogna usare molto la canna e meno il mulinello.

Circa la canna, io direi che una buona 2,70 metri è ideale: deve essere sufficientemente robusta da lanciare i 40 grammi in due pezzi. Per il mulinello, almeno un 4000 caricato con un buon trecciato, oppure un buon 25-30 di monofilo. Il finale in acciaio è d’obbligo, per evitare che i denti del luccio taglino il monofilo.

Gli artificiali per la pesca a spinning del luccio sono:

Rotanti
Ondulanti
Minnows
Consigliamo inoltre dei pesi e delle misure calibrate alla stazza del pesce, quindi piuttosto grandi.

La pesca a fondo per il luccio
La pesca a fondo per il luccio si esercita in stagione fredda. Presuppone una lenza dotata di forte zavorra terminale, con bracciolo superiore (o gioco) su cui è innescato il vivo, oppure con zavorra scorrevole soprastante all’esca, la quale è invece attaccata al terminale.

Per la lenza, si ricorre nuovamente al galleggiante, ma la lenza viene ancorata sul fondo da un grosso piombo. Un galleggiante bada a mantenerla tesa, ma dobbiamo stare attenti a tarare bene la distanza fra quest’ultimo e il piombo, che corrisponde alla profondità. A un certo punto, a un tratto di lenza si aggiunge una girella a tre attacchi, per agganciarvi il bracciolo metallico col pesciolino. Il galleggiante può essere piombato per mantenerlo nella posizione più idonea, oppure il filo sottostante può portare qualche piombino.

La pesca al luccio col galleggiante si effettua in modo sedentario. Si lascia la lenza in acqua e l’esca libera di gironzolare. C’è solo un inconveniente: la regolazione di profondità quando si cambia posizione.

Un altro sistema di pesca a fondo del luccio prevede l’uso di una zavorra finale, ma senza l’utilizzo del galleggiante. In questo modo non si dovrà ogni volta cambiare la profondità.

Alla lenza con zavorra scorrevole sulla lenza madre è agganciato, sempre con una girella, il finale con l’esca. Il peso del piombo a oliva dovrà essere lieve.

La lenza sarà come la precedente, con piombo scorrevole oppure fisso, secondo necessità.

Al termine, dove c’è la girella, si applica un tappo di sughero piuttosto esile con una sottile incisione longitudinale. Questo perché, quando il luccio attacca, per via dei movimenti bruschi alla lenza, è facile che il sughero si stacchi e, venendo a galla, segni l’abboccata.
La pesca del luccio col galleggiante
Il materiale necessario per la pesca col galleggiante:

La canna. Viste le taglie grosse e la grande – ma breve -combattività del luccio, è utile adoperare una canna ben robusta e predisposta a lanciare grammi elevati (40-50 grammi).
Il nylon per la madre lenza si aggirerà sui 24-26.
Il mulinello dovrà essere in grado d’imbobinare 100, 150 metri di nylon del 0.25-0.30. Per la madre lenza, è quasi obbligatorio l’uso del terminale d’acciaio, reperibile nei negozi di pesca specializzati. L’uso di un guadino ben capiente è molto utile per evitare spiacevoli inconvenienti.
La lenza è composta di:

Fermo galleggiante (stopper) in silicone (scegliere la misura grossa)
Galleggiante scorrevole a palla dai 15 ai 20 grammi
Due Piombini tondi
Un piombo a forma d’oliva (10-15 grammi)
Terminale d’acciaio
Pesciolino vivo (scardole, vaironi, triotti) (7-15 centimetri)
Per prima cosa, s’infilerà nel nylon lo stopper ferma-galleggiante; poi si procederà a infilare il galleggiante con la parte più chiara a vista nella pesca (questo per vederlo meglio). A questo punto si fermerà sul nylon un pallino per distanziare il galleggiante a circa mezzo metro. Adesso, s’infila il piombo a oliva e poi, dopo aver legato il terminale d’acciaio col moschettone, si procederà a mettere un piombino tra il moschettone e il piombo a oliva, in modo che il piombo possa scorrere avanti e indietro (circa 4-5 centimetri). Infine, s’innescherà il pesce vivo all’ancoretta del terminale d’acciaio.

Se il pesce vivo è piccolo (più o meno 7 centimetri), s’infilerà l’ancoretta attraverso le labbra, introducendo una delle punte dell’ancoretta nel labbro inferiore e facendola uscire da quello superiore in corrispondenza di una delle due narici. Se, invece, il pesce è più grande (sui 12 centimetri), s’infilerà l’ancoretta per la schiena. Questa operazione si fa introducendo la punta dell’ancoretta all’inizio della pinna dorsale, in modo da far presa nel punto in cui raggi di quest’ultima s’innestano in quelli che irradiano dalla spina dorsale. Nel fare ciò, dobbiamo prestare attenzione a non provocare lesioni alla colonna vertebrale.

L’azione di pesca
L’azione di pesca non è complicata: gettando l’esca nei pressi di canneti o erbe sommerse, aspetteremo l’abboccata del luccio. Quando vedremo il galleggiante scomparire sott’acqua e riapparire in superficie, allora il pesce sta attaccando l’esca. Ora, prima di afferrare, bisogna attendere che il galleggiante scompaia di nuovo e s’allontani.

Quando il luccio è vicino alla riva, stiamo all’erta e col guadino sempre pronto. Il pesce, infatti, alla vista del pescatore, cerca – giustamente – di fuggire o di sbalzare di qua e di là.

Una volta inguadinato il luccio, facciamo attenzione a tirar fuori l’esca dalla bocca. Se ci càpita di strofinare forte la mano sui denti del luccio, possiamo procurarci delle lesioni profonde. Per questo, è sempre utile infilarsi un paio di guanti.

lunedì 31 ottobre 2011


Con l'inizio di Aprile si apre la stagione della famigerata pesca all'aguglia. Semplicissima e divertentissima.

Veniamo ora all'azione di pesca:
-L'ideale di canna da adoperare, è quella da lancio, lunga 4-5m, robusta ma non eccessivamente pesante. Potremo così lanciare piuttosto a lunga gittata nella corrente la lenza lasciando poi che quest’ultima venga "scarrocciata" poco a poco verso il largo, in modo da aumentare le probabilità di attacchi all’esca da parte del pesce. Serviranno circa un centinaio di metri di filo super, preferibilmente sullo 0.25, per caricare la bobina del mulinello.
-Vista la lunghezza dei lanci, è ovvio che occorre una zavorra di pesantezza adeguata per il galleggiante. Solitamente, un consiglio che offro ai pescatori che si apprestano per la prima volta a questo tipo di pesca, di usare dei galleggianti piombati, scorrevoli, da circa 30g, proseguendo sulla montatura con un finale di circa 1.5-2m dello 0.12 ed un amo del 16. Come esca va benissimo il bigattino.
-Poi vi sono quelli che io chiamo i bestioni, cioè le aguglie imperiali che si pescano esclusivamente con la pesca d'altura a traina.
-Le aguglie comunque si possono pescare anche con la bombarda, girella tripla e finale lungo 2 metri/2 metri e mezzo.

Imitazione Di Leccia Stella
Amo: misura 2.
Filo di montaggio: uni mono.
Corpo: body braid perla
Ala: super hair white, smoke, light blue, dark blue
Pinne: Super Hair bianco, pennarello nero
Testa: Epoxy
Occhi: 2mm piatti